Le odio. Di solito ci vado con lo stesso entusiasmo con cui vado dal dentista. Ma si festeggiano i cento anni di fondazione e siamo un gruppo e bla bla bla…
L’aperitivo in piedi scorre tra bollicine e frasi di circostanza, almeno fin quando la vedo. Ci siamo un po’ persi di vista da quando è stata trasferita ai piani alti. Lei, il suo bel culo, la gonna aderente, le scarpe con il tacco e la camicetta di seta bianca che a fatica contiene tutto quel ben di dio. Ora fa parte dell’olimpo al 14′ piano, tra quelli che contano. “Antonia, sei una visione” le sussurro, “quanto mi sei mancata”.
Abbiamo avuto una breve storia qualche anno addietro, poi le nostre strade si sono separate. Facciamo quattro chiacchiere, qualche frecciatina sui tempi passati, Antonia gioca a provocare, un gioco che le riesce sempre molto bene.
Arriva il momento di sedersi tavola e visto che i posti non sono assegnati, viene naturale sedersi vicino per proseguire la conversazione. Occupo un posto d’angolo e lei si accomoda al mio fianco. I camerieri servono i primi piatti e Antonia continua a discorrere con me e gli altri commensali mentre appoggia elegantemente il tovagliolo sulle gambe. Poi però, è solo la sua mano sinistra a tornare sul tavolo. L’altra, nascosta dalla tovaglia, si appoggia sulla mia coscia, per risalire velocemente fino alla patta dei miei calzoni. Sobbalzo sulla sedia mentre mi palpa spregiudicatamente cogliendomi di sorpresa. Bastano poche carezze ben assestate per portarmi ad un’immediata erezione e ora quella mano così delicata quanto decisa, si fa largo sotto l’elastico dei miei slip. Avvolge con il pugno il mio uccello e dimostra le sue incredibili capacità multitasking riuscendo in maniera disinvolta a mangiare, conversare con il collega di fronte e segarmi allo stesso tempo. Da sotto il tavolo la sua mano ritmicamente scappella il mio cazzo.
“Tutto a posto Andrea? Sei tutto rosso, hai caldo?” mi chiede mentre porta la forchetta alla bocca. Prima però che finisca il risotto sono costretto a fermarla. Ho il respiro in affanno e il piacere alle soglie. “Andiamo fuori per una sigaretta?” mi chiede. Annuendo riesco in qualche modo a rimettere il cazzo nelle mutande e chiudere faticosamente i pantaloni. Ci alziamo avviandoci verso il guardaroba per prendere i cappotti, ma lungo il corridoio apre una porta e tirandomi per il braccio mi fa entrare in un ripostiglio tra scope e tovaglie.
Mi guarda col suo sorriso da battaglia, inclina la testa e si china ai miei piedi. I calzoni cadono sulle caviglie mentre appoggio le natiche nude alla porta. La sua testa si muove avanti e indietro e comincia a succhiarmelo avidamente. I pompini di Antonia sono da sempre leggenda nelle chiacchiere alla macchinetta del caffè. Con il mento appoggiato al petto osservo le sue labbra che in maniera cosi sublime sa usare. Accompagno con la mia mano i movimenti della sua testa e mi abbandono dopo poco ad un orgasmo intenso e copioso, riversandole nella sua bocca caldi fiotti di sperma. Sono incredulo, col fiato corto e labbra secche. Lei invece, padrona della situazione e perfettamente a suo agio sorride rialzandosi con eleganza . “Possiamo tornare a tavola per il dolce, che dici?”