Le trasferte a Roma in giornata sono sempre pesanti. La sveglia presto, il viaggio sempre al telefono, mille incontri e mille cose da fare…
Quando la sera ritorno in stazione centrale, col buio, un po’ di nebbia, in fila per il taxi, posso finalmente allentare la tensione e permettere alla stanchezza di predere il sopravvento.
Normalmente appena mi siedo sui sedili posteriori del taxi, metto il cervello in pausa e non penso più a nulla se non al bagno caldo che mi rilasserà definitivamente. Ma questa sera è andata diversamente.
Salita infatti su Lisbona 28, ho indicato l’indirizzo all’autista e mi sono rilassata sui sedili posteriori.
L’autista, di cui a malapena distinguevo la sagoma scura che lasciava trapelare un fisico massiccio, mentre diligentemente imboccava la circonvallazione per portarmi a destinazione, ha iniziato una conversazione a bassa voce con qualcuno al telefono tramite gli auricolari.
L’auto non favorisce certo la discrezione, ma evidentemente questo non ha rappresentato un grosso problema per il corpulento guidatore.
Così mi sono destata dal torpore e ho cominciato ad ascoltare i suoi discorsi. Parlava con una donna, non sembrava la moglie, vuoi per il tenore della voce e vuoi perchè non parlassero della cena, dei figli o di cose così. Il timbro della sua voce era caldo, calmo, profondo, davvero piacevole. Sembravano parlassero di un incontro che avrebbero avuto a breve. Lui le diceva che fra poco avrebbe finito il turno e allora si che le avrebbe fatto vedere…poi deve averle chiesto del suo abbigliamento e da come ha inclinato leggermente il capo verso sinistra, la risposta doveva essere di suo gradimento. A quel punto ha abbassato ulteriormente il tono della voce, giustificando il fatto che fosse con un cliente, ma ho intuito che le chiedeva delle mani, di cosa stessero facendo…
Ammetto di aver sentitito le mutandine inumidirsi ad immaginare lei, magari mentre si toccava, bisbigliando parole oscene a lui e giocando sul fatto che non potesse rispondere liberamente. Una moderna versione telefonica di Ulisse con le sirene insomma.
Quante volte mi sono divertita a fare la stessa cosa con Andrea, mettendolo in imbarazzo mentre era in ufficio.
Ad un certo punto lui ha smesso di parlare con lei, limitandosi a qualche breve e impacciato commento sul traffico della sera con me, ma dai suoi auricolari potevo sentire in sottofondo le urla di piacere di lei.
Il siparietto piccante è proseguito fino alla fine della nostra corsa. Lui si è voltato per prendere i soldi della corsa, mentre lei, sentivo ancora in sottofondo, continuava i suoi gemiti di piacere.
Ho sorriso maliziosamente. “Avrei bisogno della ricevuta mentre tenga pure il resto. Non le auguro una buona serata, perché ho la sensazione che ci siano già tutti i presupposti perché lo sia.”
Sono uscita dall’auto dirigendomi verso il vialetto di casa.
Sapevo cosa avrebbero fatto le mie mani, nella vasca da bagno.
